venerdì 23 marzo 2007

"I Due"@"Dialoghi con Leocò":Pavese

Superfluo rifare Omero. Noi abbiamo voluto semplicemente riferire un colloquio che ebbe luogo la vigilia della morte di Patroclo.

(Parlano Achille e Patroclo)

Achille: Patroclo, perché noi uomini diciamo sempre per farci coraggio: "Ne ho viste di peggio" quando dovremmo dire: "Il peggio verrà. Verrà un giorno che saremo cadaveri"?
Patroclo: Achille, non ti conosco più.
A: ma io sì ti conosco. Non basta un po' di vino per uccedere Patroclo. Stasera so che dopotutto non c'è differenza tra noi e gli uomini vili. Per tutti c'è un peggio. E questo peggio vien per ultimo, viene dopo ogni cosa, e ti tappa la bocca con un pugno di terra. E' sempre bello ricordarsi: "Ho vissuto questo, ho patito quest'altro" - ma non è iniquo che proprio la cosa più dura non la protremo ricordare?
P: Almeno, nuo di noi la potrà ricordare per l'altro. Speriamolo. Così giocheremo il destino.
A: Per questo, la notte, si beve. Hai mai pensato che un bambino non beve, perché per lui non esiste la morte? Tu, Patroclo, hai bevuto da ragazzo?
P: Non ho mai fatto nulla che non fosse con te e come te.
A: Voglio dire, quando stavamo sempre insieme e giocavamo e cacciavamo, e la giornata era breve ma gli anni non passavano mai, tu sapevi cos'era la morte, la tua morte? Perché da ragazzi si uccide, ma non si sa cos'è la morte. Poi viene il giorno che d'un tratto si capisce, si è dentro la morte, e da allora si è uomini fatti. Si combatte e si gioca, si beve, si passa la notte impazienti. Ma hai mai veduto un ragazzo ubriaco?
P: Mi chiedo quando fu la prima volta. Non lo so. Non mi ricordo. Mi pare di aver sempre bevuto, e ignorato la morte.
A: Tu sei come un ragazzo, Patroclo.
P: Chiedilo ai tuoi nemici Achille.
A: Lo farò. Ma la morte per te non esiste. E non è buon guerriero chi non teme la morte.
P: Pure bevo con te, questa notte.
A: E non hai ricordi, Patroclo? Non dici mai: "Quest'ho fatto. Quest'ho veduto" chiedendoti che cos'hai fatto veramente, che cos'è stata la tua vita, cos'è che hai lasciato di te sulla terra e nel mare? A che serve passare dei giorni se non si ricordano?
P: Quand'eravamo ragazzi, Achille, niente ricordavamo. Ci bastava essere insieme tutto il tempo.
A: Io mi chiedo se anche qualcuno in Tessaglia si ricorda d'allora. E quando da questa guerra torneranno i compagni laggiù, chi passerà su quelle strade, chi saprà che una volta ci fummo anche noi - ed eravamo due ragazzi come adesso che n'è certo degli altri. Lo sapranno i ragazzi che crescono adesso cosa li attende?
P: Non ci si pensa, da ragazzi.
A: Ci sono giorni che dovranno ancora nascere e noi non li vedremo.
P: Non ne abbiamo veduti già molti?
A: No, Patroclo, non molti. Verrà il giorno che saremo cadaveri. Che avremo tappata la bocca con un pugno di terra. E nemmeno sapremo quel che abbiamo veduto.
P: Non serve pensarci.
A: Non si può non pensarci. Da ragazzi si è come immortali, si guarda e si ride. Non si sa quello che costa. Non si sa la fatica e il rimpianto. Si combatte per gioco e ci si butta a terra morti. Poi si ride e si torna a giocare.
P: Noi abbiamo altri giochi. Il letto e il bottino. I nemici. E questo bere di stanotte. Achille, quando torneremo in campo?
A: Torneremo, sta' certo. Un destino ci aspetta. Quando vedrai le navi in fiamme, sarà l'ora.
P: A questo punto?
A: Perché? Ti spaventa? Non ne hai viste di peggio?
P: Mi mette la smania. Siamo qui per finirla. Magari domani.
A: Non aver fretta, Patroclo. Lascia dire "domani" agli dèi. Solamente per loro quel che è stato sarà.
P: Ma vederne di peggio dipende da noi. Fino all'ultimo. Bevi, Achille. Alla lancia e allo scudo. Quel che è stato sarà ancora. Torneremo a rischiare.
A: Bevo ai mortali e agli immortali, Patroclo. A mio padre e a mia madre. A quel che è stato, nel ricordo. E a noi due.
P: Tante cose ricordi?
A: Non più di una donnetta o un pezzente. Anche loro son stati ragazzi.
P: Tu sei ricco, Achille, e per te la ricchezza è uno straccio che si butta. Tu solo puoi dire di esser come un pezzente. Tu che hai preso d'assalto lo scoglio del Ténedo, tu che hai spezzato la cintura dell'amazzone, e lottato con gli orsi sulla montagna. Quale altro bimbo la madre ha temprato nel fuoco come te? Tue sei spada e sei lancia, Achille.
A: Tranne nel fuoco, tu sei stato come me sempre.
P: Come l'ombra accompagna la nube. Come Teseo con Piritoo. Forse un giorno ti aspetta, Achille, che anche tu verrai nell'Ade a liberarmi. E vedremo anche questa.
A: Meglio quel tempo che non c'era l'Ade. Allora andavamo tra i boschi e torrenti e, lavato il sudore, eravamo ragazzi. Allora ogni gesto, ogni cenno era un gioco. Eravamo ricordo e nessuno lo sapeva. Avevamo del coraggio? Non so. Non importa. So che sul monte del centauro era l'estate, era l'inverno, era tutta la vita. Eravamo immortali.
P: Ma poi venne il peggio. Venne il rischio e la morte. E allora fummo guerrieri.
A: Non si sfugge alla sorte. E non vidi mio figlio. Anche Deidamia è morta. Oh perché non rimasi sull'isola in mezzo alle donne?
P: Avresti poveri ricordi, Achille. Saresti un ragazzo. Meglio soffrire che non essere esistito.
A: Ma chi ti dice che la vita fosse questa? ... Oh Patroclo, è questa. Dovevamo vedere il peggio.
P: Io domani esco in campo. Con te.
A: Non è ancora il mio giorno.
P: E allora andrò da solo. E per farti vergogna prenderò la tua lancia.
A: Io non ero ancor nato, che abbatterono il frassino. Vorrei vedere la radura che resta.
P: Scendi in campo e la vedrai degna di te. Tanti nemici, tanti ceppi.
A: Le navi non ardono ancora.
P: Prenderò i tuoi schinieri e il tuo scudo. Sarai tu nel mio braccio. Nulla potrà sfiorarmi. Mi parrà di giocare.
A: Si davvero un bambino che beve.
P: Quando correvi col centauro, Achille, non pensavi ai ricordi. E non eri più immortale di stanotte.
A: Solamente gli dèi sanno il destino e vivono. Ma tu giochi al destino.
P: Bevi ancora con me. Poi domani, magari dell'Ade, diremo anche questa.

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Uno dei miei dialoghi preferiti. L'ho scritto perché so che apprezzerete e pure perché può essere fonte profiqua di idee e riflessioni, quindi andate coi commenti!

7 commenti:

Leonardo Francesconi ha detto...

Bella la considerazione del bere per dimenticare la morte, è la cosa che più mi colpisce del testo. Per il resto lo vedo parecchio buio e pessimistico, forse dovrei soprattutto mitologizzarmi un po' di più... non so... il fatto è che ci si rassegna a raccontare tutto all'Ade...

Gwion ha detto...

che dire...è uno dei miei libri preferiti - te l'ho consigliato io! - e c'ho basato la mia tesina d'esame!

Butto comunque là qualche flash di cose che mi colpiscono dal testo:
-Chi riflette di più sulla morte è Achille, perché SA di dover morire:ricordate la storiella che le Moire-Parche gli fecero scegliere, e lui scelse una vita gloriosa ma BREVE? Perciò veramente lui vive di gloria (=ricordare le sofferenze e i nemici sconfitti) in attesa della morte (che porrà fine ai suoi ricordi).
-Vita=ricordare:finisce con la morte,perché non la puoi ricordare,è degna se hai grandi ricordi,anche se terribili("P: Avresti poveri ricordi, Achille. Saresti un ragazzo. Meglio soffrire che non essere esistito.")
-Bella l'idea di Patroclo,che il ricordarsi del morto "gioca il destino";come dire:se la morte ti frega perché "non puoi ricordartene",la freghi tu perché un altro si ricorda della tua...
-Infanzia=spensieratezza/ innocenza =>non si pensa alla morte => non c'è bisogno di bere => beviamo nel disperato tentativo di ignorare la morte...agghiacciante.
-Infanzia=non si pensa alla morte =>si è immortali
-Notare l'ironia tragica:parlano tanto della morte,del ricordare il defunto,Patroclo conclude dicendo "Poi domani, magari nell'Ade...":il giorno dopo Patroclo prenderà le armi di Achille e sarà ucciso...

Unknown ha detto...

L'altro giorno in un film, una scena con campagne arse dal sole e cicale, mi ha evocato delle immagini della mia infanzia passata nella casa in campagna di mio nonno.
Poi, casualmente, mi son riletto questo dialogo e mi ha fatto realizzare, in fondo quello di cui parla Pavese non si limita alle pagine del libro: quelle immagini confuse che mi sono state evocate sono i ricordi di quando ero immortale. Anche voi ne avete, tutti ne hanno.
Quando ho smesso di essere immortale? Da qualche parte nel dialogo dice che si è uomini (intedeva mortali e non adulti?) fatti quando si prende coscienza della morte. Allora inizi a nutrirti di ricordi e a bere la notte. Non sono sicuro del momento in cui ho iniziato a nutrirmi di ricordi, ma oggi pomeriggio guarderò le foto che ho, e stanotte berrò e brinderò ai mortali e agli immortali, a quel che è stato, nel ricordo, e a noi.

Gwion ha detto...

per la serie passiamo di palo in frasca,una poesia di Ungaretti:

Tutto ho perduto dell'infanzia
E non potrò mai più
Smemorarmi in un grido.

L'infanzia ho sotterrato
Nel fondo delle notti
E ora, spada invisibile,
Mi separa da tutto.

Di me rammento che esultavo amandoti,
Ed eccomi perduto
In infinito delle notti.

Disperazione che incessante aumenta
La vita non mi è più,
Arrestata in fondo alla gola,
Che una roccia di gridi.


Ungaretti è uno dei poeti in cui mi ritrovo di più,e anche in questa poesia,ma non la cito per questo:mi ci hanno fatto pensare sia il dialogo,sia il commento di Elia. Scuserete il pessimismo,ma diventi uomo - mortale e adulto - quando ti rendi conto di ciò che hai perso. Un bambino non pensa a ciò che perde,perché non crede di poter perdere nulla.E' troppo preso dalla vita per pensare alla morte:e la vita lo ubriaca,non ha bisogno di bere altro.Poi pian piano - o forse di colpo - la sbornia gli passa,ed è allora che cerca invano di ubriacarsi come prima.

Leonardo Francesconi ha detto...

Ecco, me dovevate fa sentì un cretino!
Comunque io so molto meno pessimistico, penso che non per forza uno è costretto a vive di ricordi e a ubriacarsi per sentirsi immortale. Sento con certezza che deve esistere in Terra un qualcosa che nobilita l'uomo e che rende la sua vita degna di essere vissuta senza bisogno di voltarsi mai indietro, qualcosa che te coinvolga totalmente... solo che non so se de che parlo, tutto lì...

Anonimo ha detto...

Ma se vieni sempre a be' ultimamente....

Firmato: il tuo ultimo boccale di birra ( e qui accanto c'è compare caipiroska)

GiaZ ha detto...

Bello...bè, è un teme alquanto noto e comune che non può che coinvolgere tutti prima o poi..
E' interessante vedere come stiamo arrivando(tristemente)ad un'età in cui si comincia a fare un certo tipo di riflessioni.La presa di coscienza di come gira veramente il mondo può essere abbastanza traumatica come cosa..
Mi associo a Leonardo dicendo che la soluzione non sta nel vivere,da ora in poi,una vita rivolti all'indietro,ma al contrario cercare di trovare ciò che ci può far sentire ancora vivi ed immortali. Ricordo Einstein:"Chi non è più in grado di meravigliarsi è come morto,una candela spenta da un soffio."
E' questo il segreto..trovare ciò che ancora è in grado di meravigliarci nella vita..(UHA)
(e avoglia le cose che ce stanno..)