mercoledì 27 gennaio 2010

Il ritmo della vita


Cuore, cuore, afflitto da mali invincibili:
rialzati! Difenditi dagli avversari, combattili
a viso aperto, rimani saldo nelle insidie
tese dai nemici. E non esultare troppo
nelle vittorie, né piangi, prostrato in casa,
nelle sconfitte, ma rallegrati delle gioie
e non dolerti troppo dei mali: impara
quale ritmo governa la vita degli uomini.




traduzione mia di Archiloco di Paro (VII sec. a.C.), fr. 118

venerdì 24 luglio 2009

Il trattamento del Dottor Tristan

Villiers de l'Isle-Adam è autore della seconda metà dell'800 (notare la critica attualissima al progresso e alla mentalità moderna); il racconto che pubblico è una versione abbreviata e tradotta da me de Le traitement du Docteur Tristan, pubblicato nei Racconti crudeli (Contes Cruels, 1883).



IL TRATTAMENTO DEL DOTTOR TRISTAN


A Jules de Brayer



Credi forse che queste ossa vivano, Figlio di Dio?
Isaia



Urrà! E’ fatta! Evviva! Forever!!! Il Progresso ci trascina nella sua corrente. Lanciati come siamo, ogni tentativo di frenata sarebbe un suicidio. Vittoria! Vittoria! La velocità incredibile del nostro slancio rende tanto nebuloso quel che ci circonda, che a stento abbiamo modo di distinguere altra cosa che la punta del nostro naso.
Per sfuggire all’orribile ipnotismo che porrebbe derivarne, c’è altro mezzo che chiudere definitivamente gli occhi? No. Nessun altro. Abbassiamo dunque le palpebre e – lasciamoci andare.
Quante scoperte! Quante invenzioni per tutti e per ogni evenienza! – L’umanità diventa, tra due diluvi, un fatto positivamente divino!
- Ma shhh! Ecco una novità! – Ecco ancora una novità!...Sempre!...Stavolta, sarà la medicina a illuminarci. Ascoltiamo! Uno stupefacente praticante, il Dr. T. Chavassus, ha appena scoperto un trattamento radicale per Ronzii, e ogni altro fastidio del canale uditivo. Guarisce persino le persone che capiscono male, malattia oggigiorno divenuta contagiosa. – Chavassus, infine, maestro di ogni meccanismo dell’orecchio umano, si rivolge, in maniera intellettuale, a quegli individui nervosi che sentono subito, come si dice, la pulce all’orecchio! - Calma i moti, ad esempio, che il ricevere “offese” desta ancora dietro l’appendice auricolare di certi esseri umani arretrati e troppo suscettibili! Ma il suo trionfo, la sua specialità, è la cura di coloro che “sentono Voci”, le Giovanna d’Arco, per intenderci – E’ questo il suo maggior motivo di pubblica stima.
Il trattamento del Dr. Chavassus è assolutamente razionale; il suo motto è “Tutto per il buon senso e con buon senso!” Niente più ispirazioni eroiche da temere, con lui. Questo principe del sapere, in caso di bisogno, non farebbe sentire ad un paziente neanche la voce della propria coscienza. E garantisce, dietro compenso, che ogni Giovanna d’Arco, passata sotto le sue illuminate mani, non sentirà più nessun tipo di Voce (neanche la sua), e che i tamburi dell’orecchio saranno, in lei, attutiti come ogni altro tamburo serio e razionale dovrebbe essere oggi.
Niente più slanci sconsiderati dovuti, ad esempio, all’eccitazione che i vecchi canti patriottici destano, morbosamente, nel cuore di qualche ultimo entusiasta! Niente più puerilità! Non dobbiamo più temere di riconquistare province senza criterio! Il Dottore è qui. Qualche lontano richiamo delle sirene della Gloria vi tormenta? Chavassus vi farà passare questi ronzii – Sentite nel silenzio accenti sublimi, come se l’anima del vostro paese vi parlasse?...Provate dei sussulti d’onore ribelle, quando il sentimento del coraggio vinto e della speranza indomabile dei grandi domani si accende nel vostro cuore, e infiamma i lobi delle vostre orecchie?... – Presto! Presto! Dal Dottore: vi toglierà questi fastidi!
Le sue sedute sono da due a quattro. E che uomo affabile! Affascinante! Irresistibile! – Entrerete nel suo studio, stanza adorna di quel decoro severo che conviene alla Scienza. Unico oggetto di lusso, una treccia di cipolle appesa ad un busto di Ippocrate, per indicare ai sentimentali che sono pronte a procurare, in caso di bisogno, dopo il successo, lacrime di gratitudine.
Chavassus vi indica una poltrona fissata al pavimento. Non appena vi ci adagiate comodamente, dei bruschi uncini, come artigli di tigre, bloccano ogni vostro minimo movimento. – Il Dottore allora vi guarda dritto in faccia per un po’, inarcando le sopracciglia, schioccando la lingua, con uno stuzzicadenti in mano, mostrandovi così il profondo interesse che destate in lui.
E improvvisamente, gettandosi sul vostro orecchio, vi applica la bocca. Poi, con un’intonazione inizialmente lenta e bassa, ma che non tarda a gonfiarsi come il tuonare della folgore, vi articola questa sola parola: “UMANITA’”. Con gli occhi sul cronometro, riesce, dopo 20 minuti, a pronunciarla 17 volte al secondo, senza intrecciare le sillabe: risultato ottenuto con innumerevoli veglie! Frutto di molti e pericolosi esercizi!
Ripete dunque questa parola, in quel modo sorprendente, al vostro orecchio: non che questo vocabolo abbia per lui un senso particolare! Al contrario! (Se ne serve, lui, solo come certi cantanti usano alcune parole nei loro gorgheggi, per schiarirsi la voce, ecco tutto). Ma egli gli attribuisce virtù magiche e sostiene che, dopo aver cullato, castrato e invischiato il cervelletto di un malato con quella parola, la guarigione è vicina.
Fatto ciò, passa all’altro orecchio e vi sussurra, con intonazione da canto tirolese, una sequela di Formule di sua creazione. Queste Formule giocano sulle desinenze di certi termini, oramai fuori moda e di cui è pressoché impossibile ritrovare il significato – ad esempio, parole quali: Generosità!... Fede!... Disinteresse!... Anima immortale!..., ed altre espressioni fantasiose del genere. Alla fine, lo ascoltate annuendo dolcemente, in una sorta di estasi beata.
Nel giro di mezz’ora, riempito così il vaso del vostro intelletto, occorre tapparlo, non trovate?...affinché il suo prezioso contenuto non evapori. Chavassus, perciò, giunto al momento che giudica opportuno, vi introduce nelle orecchie due fili elettrici trattati in maniera particolare, preparati e saturati di un fluido positivo di cui detiene il segreto. – Sssh! Fermi!...Egli schiaccia l’interruttore di una pila; la scintilla scatta nel vostro orecchio. Trentamila cimbali risuonano nel vostro cranio. Gli uncini e la poltrona lo scatto terribile di cui voi assaporate, interiormente, lo slancio contenuto.
Crac! E’ sufficiente. Vittoria!...Il timpano è sfondato – ovvero questo punto misterioso, questo punto malato, questo punto inquietante che, nel timpano del vostro miserevole orecchio, recava al vostro spirito quei ronzii di gloria, d’onore e di coraggio. – Siete guarito. Non sentite più nulla. Miracolo! L’Astrazione e le Formule coprono, in voi, ogni grido di collera davanti all’Ideale assassinato! L’amore esclusivo per la vostra salute e gli agi vi ispira un disprezzo illuminato di ogni offesa! Eccovi, ormai, a prova di 10000 schiaffi – FINALMENTE!!! Potete respirare. Chavassus vi dà un buffetto sul naso, in segno di guarigione; vi alzate; - siete LIBERO...
Se avrete qualche puerile ritorno di dignità, se, in un poche parole, dubiterete ancora, il Dottor Tristan, masticando il suo stuzzicadenti, assesterà in direzione dei vostri lombi un calcio deciso, che voi riceverete col cuore strabordante di gratitudine, guardando la treccia di cipolle. Eccovi rassicurato. Partirete dopo averlo coperto d’oro. Uscirete di lì freschi, riposati, lesti – con lo spirito del tutto libero da tutte quelle Voci vane e confuse che, ancora il giorno prima, vi perseguitavano. Sentirete il Buon Senso colare, come un balsamo, nel vostro essere. La vostra indifferenza...non conosce più frontiere. Siete consacrato da un ragionamento che vi rende superiore a ogni vergogna. Siete diventato un uomo dell’Umanità.

sabato 18 aprile 2009

il poeta e il potere

Stello è un libro poco noto di Alfred de Vigny, poeta romantico francese (ricordate?! LUI). I protagonisti sono Stello, poeta, visionario, idealista e emotivo, e il suo medico, il Dottor Nero, ottimo dottore, razionale e compassato. Metafore dell'animo del poeta, non si oppongono, ma si completano (se vogliamo, Stello, stella...le stelle possono splendere solo nel Nero...).
Stello è una lunga conversazione tra i due, condotta per lo più dal Dottor Nero, che attraverso tre esempi cerca di dimostare la seguente tesi: il poeta sarà sempre e comunque odiato dal potere costituito, di qualsiasi tipo esso sia.

Traduco qui 2 brani della conclusione: nel primo, si immagina la risposta di Omero a Platone, che nella Repubblica condannava i poeti perché inutili imitatori della natura; nel secondo si spiega perché Potere e Poesia sono incompatibili.


"Mio caro Platone, è vero che il povero Omero, e con lui tutti gli sfortunati immortali che lo circondano, non sono altro che imitatori della Natura; è vero che non sono intagliatori perché descrivono un letto, né medici perché raccontano una guarigione; è vero che con un manto di parole e metafore, sostenute da misura, numero e armonia, simulano la scienza che descrivono; è vero che non fanno altro che presentare agli occhi dei mortali un riflesso della vita, e che, ingannando i loro sguardi, si rivolgono alla parte dell'anima suscettibile d'illusione; ma, o divino Platone! grande è la vostra debolezza, allorché considerate la più debole questa parte della nostra anima che si emoziona e si eleva, preferendole quella che pesa e che misura. L'Immaginazione, coi suoi slanci, è tanto superiore al Giudizio, solo coi suoi oratori, quanto gli dèi dell'Olimpo rispetto ai semidei. Il più prezioso dono del cielo è il più raro - E non vedete che un secolo fa nascere tre Poeti, per una folla di logici e sofisti assennatissimi e abilissimi? L'Immaginazione ha in se stessa il Giudizio e la Memoria, senza i quali non sussisterebbe. Chi trascina gli uomini, se non l'emozione? Chi genera l'emozione, se non l'arte? E chi insegna l'arte, se non Dio in persona? Poiché il Poeta non ha maestro, e tutte le scienze si insegnano, tranne la sua. -Voi mi chiedete quali istituzioni, quali leggi, quali dottrine abbia io dato alle città? Nessuna alle nazioni, ma una eterna al mondo. - Io non appartengo ad alcuna città, ma all'universo. - La vostra dottrina, le vostre leggi, le vostre istituzioni, sono state buone per un'epoca e un popolo, e con loro sono morte; le opere dell'Arte celeste, invece, si stagliano per sempre e sempre di più via via che s'innalzano, e tutte portano gli infelici mortali alla legge eterna dell'AMORE e della PIETA' "


(Dottor Nero:) "Poiché il Potere è una scienza di convenzione secondo i tempi, e poiché ogni ordine sociale è costruito su di una menzogna più o meno ridicola, mentre le bellezze di ogni Arte non possono che derivare dalla verità più profonda, capisce che il Potere, quale che sia, trova una continua opposizione in ogni opera così concepita. Da lì i suoi sforzi eterni per reprimere o sedurre."




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I paria della società sono i poeti, gli uomini magnanimi e di cuore, gli uomini superiori e onorabili. Ogni potere li detesta, poiché vede in essi i propri giudici, che lo condannano prima dei posteri.
(Alfred de Vigny, Lettera a Brizeux)

sabato 7 febbraio 2009

Jacques Brel - Le Bigotte

JACQUES BREL - LES BIGOTTES
(traduzione mia)


Invecchiano a piccoli passi,
da cagnolini a gattini,
le bigotte...
Invecchiano ancor più in fetta,
poiché confondono amore e acqua santa,
come tutte le bigotte...
Ah! Se fossi il diavolo, vedendole a volte credo
che mi farei castrare!
Se fossi Dio, vedendole pregare,
credo che perderei la fede
per colpa delle bigotte!


Processionano a piccoli passi,
di acquasantiera in acquasantiera,
le bigotte...
"(suono di mormorii, pettegolezzi...)",
Cominciano a fischiarmi le orecchie:
le bigotte...
Vestite di nero, come il signor curato,
che è troppo buono con le creature:
sono bigotte! A testa bassa,
come se Dio dormisse sotto le loro scarpe
da bigotte!


Sabato sera dopo il lavoro
si vede il viavai parigino,
ma niente bigotte!
Poichè è rintanate in casa loro
che si preservano dai ragazzi,
le bigotte...
Che preferiscono rattrappirsi,
di vespro in vespro, di messa in messa,
tutte fiere d'aver saputo conservare
il diamante che dorme tra le loro chiap - di bigotte!


Poi muoiono a piccoli passi,
davanti a un fuocherello, poco a poco,
le bigotte...
Che cimiterano poco alla volta,
che è giorno appena, per un raffreddorino
da bigotte...
E su nel Cielo che non esiste,
gli angeli gli fanno in fretta un Paradiso,
e un'aureola, e un paio d'ali,
e loro volano via...A PICCOLI PASSI
DA BIGOTTE!

(notare come Brel usi ossessivamente l'aggettivo "petit", per rendere la piccolezza mentale delle bigotte...che rimangono bigotte anche oltre la morte...)

martedì 20 gennaio 2009

sano nazionalismo linguistico

Esaltiamo un po' le incredibili potenzialità espressive della nostra amata lingua!


venerdì 9 gennaio 2009

John Surman - Upon Reflection (1979)

Edges of Illusion e The Lamplighter, due tra i più interessanti titoli di questo lavoro, sono stati ispirati da e poi creati per uno spettacolo di danza moderna di Carolyn Carlson. John Surman non ha mai nascosto intense passioni per il mondo della danza contemporanea. E questo è sostanzialmente solo il primo di diversi suoi lavori discografici che potrebbero tranquillamente essere del tutto condivisi con l'entourage del mondo della coreografia.
Upon Reflections è sicuramente uno dei migliori «numeri» della ECM di Manfred Eicher: leggero e intenso, calibrato e comunicativo. Una serie di impressionanti soliloqui sospesi nei cieli della migliore musica moderna, capace di fare invischiare come mosche nel miele melomani, appassionati dei suoni «classici», aficionados del jazz e cultori dell'estetica musicale. I sintetizzatori sono solo la base, il tessuto di fondeo sul quale Surman ricama e intesse veri e propri poemi sonori. Le qualità tecniche del sassofonista britannico sono una rara fenomenologia nel contemporaneo mondo musicale. Mature e profonde, le sue architetture portano innanzitutto con sè il sacro fuoco dell'inventiva. Si sa perfettamente che, quando tecnica ed emozione viaggiano sugli stessi binari, i risultati sono a dir poco meravigliosi.
L'intelligenza di Surman, in questa particolare e originale metodologia che rappresenta solo una parte delle estese territorialità della sua musica, è quella di saper usare l'elettronica in maniera totalmente «umana» o, meglio, «umanizzata».
Quando venne pubblicato, le critiche di Upon Reflections fecero il giro del mondo, innanzitutto per l'inusuale trattamento a cui erano stati sottoposto materiali «sacri», come le ridondanti gighe proprie del folklore del Nord Europa, e dei cui echi questo lavoro è ricco. Ma è proprio un utilizzo scevro dei classici e inutili effetti, sino ad allora (Brian Eno, Philip Glass e pochi altri minimalisti a parte) appannaggio dei musicisti innamorati dei «giochini» permessi dalle nuove tecnologie, che impone il nome di Surman nell'olimpico cielo dei grandi. Re-recording, phasing, echi, uniti a tematiche proprie dell'arte musicale riescono a creare ideali climi da sogno e di intensa meditazione. Surman ama follemente il contrasto ed è un vero genio della frastagliatura, della frase «avvitata», della «carotizzazione» del suono. Come pochi altri suoi contemporanei è capace di analizzare quella che molti chiamano la «perfezione sonora». Fondamentalmente è un solitario che, dopo aver cavalcato molte praterie del rinnovamento jazzistico, accentua la sua parte virtuosistica.

da "100 dischi ideali per capire il JAZZ", a cura di Ivo Franchi, Editori Riuniti

Registrato nel maggio del 1979 presso il Talent Studio di Oslo da Jan Erik Kongshaug.
Produzione di Manfred Eicher.

Musicisti: John Surman (sax soprano e baritono, clarinetto basso e synth).

1. Edges Of Illusion
2. Filigree
3. Caithness To Kerry
4. Beyond A Shadow
5. Prelude And Rustic Dance
6. The Lamplighter
7. Following Behind
8. Constellation

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lunedì 22 dicembre 2008

Saviano a Roma

Prima racconta degli omicidi con delle foto, poi verso la fine mostra alcuni stralci del backstage del film Gomorra, incredibili...