giovedì 26 aprile 2007

Analogie..

Sapete cosa hanno in comune la DINAMO e i PICK-UP della chitarra..?
Facile: funzionano con la stessa legge fisica...Legge di Faraday.
Questo tizio aveva scoperto che variazioni di campo magnetico generavano corrente elettrica. Fino a poco prima infatti era solo noto che accadeva il contrario: carice elettriche in movimento(corrente elettrica)davano automaticamente vita a un campo magnetico tutto intorno. Faraday si chiese se fosse vero in un certo senso anche il contrario..in effetti scoprì un effetto che divenne poi importanissimo per il funzionamento di accrichi come quelli di dinamo,pick-up,centrali idroelettriche ecc..e permise in sostanza di generare corrente elettrica sfruttando il magnetismo.(Grazie a lui ora è così facile creare corrente..non ha caso la sua è una delle 5 equazioni che "hanno cambiato il mondo"..)
La dinamo funziona infatti semplicemente grazie alla rotazione di un magnete che,alternando continuamente polo positivo e negativo,genera corrente,la quale viene raccolta da un filo o un solenoide di rame e viene mandata così semplicemente alla lampadina. Nella dinamo da bici per esempio la rotazione del magnete si ottiene semplicemente pedalando..
I pick-up funzionano nello stesso modo sostanzialmente. Essi consistono in piccoli magneti che stanno,come tutti sapete e vedete,proprio sotto a dove si perquotono le corde.Le corde,di metallo,vibrando variando il campo magnetico dei magneti,i quali dentro il pick-up trasmettono la corrente generata ai fili vari che poi la portano all'amplificatore ecc...
Fico è?
Mi diletto in questo periodo con l'ellettromagnetismo...
FACILE DOMANDA: se un astronauta si perde sulla luna,una bussola può magari venirgli utile? UHA.

lunedì 23 aprile 2007

Risolvete questo problema

Un piattino di massa M1= 25g è appeso ad una molla di massa trascurabile e di costante elastica K=15,3 N/m e il tutto è in equilibrio in un piano verticale. Da un'altezza h=9 cm al di sopra del piattino viene lasciato cadere su di esso un peso di massa M2= 2M1, che lo urta in modo completamente anelastico.
Calcolare di quanto si abbassa al massimo il piattino per effetto dell'urto dalla posizione di equilibrio.


Questo problema si risolve in 2 passaggi. é molto molto facile....più facile di quanto possiate credere.
Vediamo chi riesce a risolverlo?

venerdì 20 aprile 2007

Grazie del regalo!

Grazie del regalo regà, ho molto apprezzato, anzi ve lo dico de persona anche se c'ho l'espressività de un bidé.



20/04/2007

Ecco il regalo dei gli attuali residenti in patria, per l'italo-svevo-erasmita...

Tanti auguri!!









Il Bonzo torna stasera (20/04), non ha partecipato... ...sì, siamo degli idioti, ma è stato comunque più pratico che venirti a fare un regalo su per di lì no?...

martedì 17 aprile 2007

Cognizione e Conoscenza

E' ormai quasi un mese che ho iniziato il corso di "Linguistica e Processi Linguistici", che comprende un'ampia parte dedicata a come le macchine (nel nostro caso ci limitiamo ai softwares) riconoscano ed interpretino il linguaggio umano dalla forma d'onda delle parole, alla struttura grammaticale della frase.
Quindi, prendendo come base le lezioni e il libro di testo, sono partito con i miei voli mentali (che forse già proposi in tempi remoti).

Ipotizziamo un software avanzato che interpreta alla perfezione il linguaggio umano anche solo scritto. L'utente umano chiede al software "i pinguini volano?" (primo input). Il sofware non ha in memoria il concetto di "pinguino" quindi lo cerca su Wikipedia e trova "il pinguino è un uccello aptero" (secondo input). Salva in memoria il concetto di pinguino come "uccello aptero". Fa una seconda ricerca chiedendo "aptero" sempre a Wikipedia che gli restituisce il significato "privo di ali" (terzo input). Aggiorna il concetto che ha precedentemente salvato di pinguino con la delucidazione di aptero. Quindi riponde all'utente "i pinguini non volano sebbene uccelli".

Dopo tutti questi giri informatici, il software REALMENTE SA cosa dice? Infondo ha salvato in memoria il concetto di pinguino, in un ipotetico database che sono le sue conoscenze.
Roso dal dubbio e spinto dalla volontà di conoscere mi sono messo a cercare in Wikipedia; ho cercato cognizione:
"
Il termine cognizione (dal latino: cognoscere, "sapere") è utilizzato in diverse maniere per riferirsi alla facoltà per definire l'elaborazione di informazione simile agli esseri umani, l'applicazione di conoscenza e il cambiamento di preferenze. La cognizione o i processi cognitivi possono essere naturali o artificiali, consci e inconsci e per questo motivo sono analizzati differentemente da diverse prospettive e in differenti contesti come la neurologia, la psicologia, la filosofia, la sistemica la scienza dei computer. Il concetto di cognizione è strettamente collegato a concetti astratti di mente, ragionamento, percezione, intelligenza, apprendimento e molti altri ancora che descrivono le capacità della mente umana e le proprietà caratteristiche di intelligenza sintetica. [...]" (Wiki, grassetto mio).

Stando a quanto dice questa definizione, quello che ho descritto sopra è un processo cognitivo artificiale ed inconscio. Quindi il software SA, ha la cognizione del concetto di pinguino.
Allargando un po' le vedute, possiamo arrivare ad affermare che, Wikipedia, intesa come insieme di nozioni inserite in DB, e script che le gestiscono, ha una vastissima cognizione del mondo, più di qualunque altro uomo!

Non pago ho cercato anche conoscenza in Wikipedia:
"
La conoscenza è la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenuti attraverso l'esperienza o l'apprendimento (a posteriori), ovvero tramite l'introspezione (a priori). La conoscenza è l'autocoscienza del possesso di informazioni connesse tra di loro, le quali, prese singolarmente, hanno un valore e un'utilità inferiori. [...]" (Wiki, grassetto mio)

Ecco perché siamo noi, pelose scimmie sudaticce, a programmare i computers: avranno pure una vastissima cognizioni, ma non sanno quello che dicono!!

mercoledì 11 aprile 2007

Le innovazioni nel campo strumentale: the electric stick


La musica come tutti noi sappiamo si è evoluta nel corso dei tempi, vivendo della creatività dei suoi autori e delle contaminazioni fra le varie popolazioni con le loro tradizioni ( musicali in questo contesto).

E man mano che i musicisti lo richiedevano, degli artigiani specializzati hanno modificato gli strumenti esistenti per crearne di nuovi allo scopo di accontentare le rinnovate esigenze degli strumentisti.

Beh, qualche tempo fa ho cominciato ad interessarmi a questo nuovo strumento:


THE ELECTRIC STICK

Questo strumento è stato creato da Emmett Chapman, un chitarrista attivo in America fin dalla metà degli anni sessanta. Era sia artista solista che accompagnatore, e nel corso della sua attività sentì la necessità di uno strumento che permettesse allo stesso tempo di accompagnare e di esprimersi come solista. Nel '71 si creò da solo il primo esemplare di questo strumento, formato da un tastiera d' ebano e da 10 corde ( 4 da basso e 6 da chitarra).

Lo strumento viene suonato con la tecnica del tapping; ne esistono a 8, 10, o 12 corde permettendo una gamma di note pari a quelle del pianoforte ( se non di più).

Attraverso questo strumento si possono quindi sia ottenere effetti puramente ritmici, sia puri accompagnamenti, sia melodie a due mani.

Per quel poco che sono riuscito a documentarmi ne vengono costruiti alcuni modelli differenti, utilizzando anche legni diversi ( anche se questi influiscono poco sul suono) . L'elettronica la fa da padrone, ed avendo pickup diversi per le corde basse e per quelle alte, volendo si possono utilizzare effetti sia su tutte le corde che solo su quelle di un registro ( più acute o più gravi insomma).
Ecco Bach fatto con lo stick ( il musicista non è dei migliori)

Ed ecco un pezzo più adatto ai metallari


Ed infine Greg Howard ( e direi che questo ci sa proprio fare; qui spiega cos'è lo stick)
Aggiungo un video che spiega come lo stick sia stato usato da molti artisti

martedì 10 aprile 2007

La morte del Lupo

Tradotto da ME cercando di rispettare lo schema delle rime e la lunghezza dei versi.

Per chi volesse l'originale in francese, qui




LA MORTE DEL LUPO

Le nubi sulla luna infiammata correvano
Come sull’incendio si vede salire il fumo,
E i boschi erano neri fino all’orizzonte.
Marciavamo, sul prato umido, silenziosamente,
Tra le edere intricate e tra le alte fronde,
Finché, sotto pini simili a quelli delle Lande,
Abbiamo scorto i segni delle unghie lasciati
Dai lupi errabondi che avevamo braccati.

Ci siam messi in ascolto, trattenendo il fiato

E col passo leggero. -- Né il bosco né il prato

Emettevano un sospiro nell’aria; sola

Gridava luttuosa al ciel la banderuola;

Poiché il vento, che ben alto sulla terra soffiava,

Solo le torri solitarie coi suoi piedi sfiorava,

E le querce dabbasso, contro le rocce scoscese,

Sui gomiti parevano addormentate e distese.

Nulla si muoveva, dunque, finché, chinando la testa,

Il più vecchio dei cacciatori che seguivan la pista

Ha osservato la terra inginocchiato; ben presto,

Lui che sbagliarsi qui mai è stato visto,

Ha dichiarato sussurrando che le tracce recenti

Annunciavano il passaggio e gli artigli possenti

Di due lupi adulti e di due ancora cuccioli.

Noi tutti abbiamo allora sguainato i pugnali,

E, celando i fucili dai traditori barlumi,

Avanzavamo pian piano, scostando i rami.

In tre si fermano, ed io, cercando cosa vedano,

Scorgo d’un tratto due occhi che fiammeggiano,

E poi vedo al di là quattro forme leggere

Che danzavano alla luna in mezzo alle brughiere,

Come fanno ogni dì, davanti a noi in gran confusione,

I levrieri festanti, quando torna il padrone.

Simile la loro forma e simili i movimenti,

Ma i piccoli del Lupo danzavano silenti,

Ben sapendo che a due passi, con sonno leggero,

Dorme tra le sue mura l’uomo, nemico loro.

Il padre era sdraiato, e più in là, a un tronco appoggiata,

La sua Lupa riposava, come quella scolpita

Che adoravano i Romani, il cui i fianco lanoso

I semidei Remo e Romolo copriva amoroso.

Il Lupo avanza e si ferma, le due gambe dritte,*

Piantate nella sabbia con le unghie ritorte.

S’è visto perduto, poiché è stato sorpreso,

La sua fuga stroncata e ogni passaggio chiuso;

Allora ha azzannato, nella sua gola ardente,

Del cane più ardito la gola ansimante,

E le mascelle d’acciaio non ha disserrato,

Malgrado i nostri spari l’avessero colpito,

E, come tenaglie, i nostri aguzzi coltelli

S’incrociassero piombandogli nei muscoli,

Fino all’ultimo istante, quando il cane strangolato,

Morto assai prima di lui, ai suoi piedi è stramazzato.

Allora il Lupo lo lascia e poi ci fissa.

I coltelli gli restavano nel fianco, fino all’elsa,

Lo inchiodavano al prato del suo sangue cosparso;

I nostri fucili lo accerchiavano in un crescendo avverso.

Lui ci guarda ancora, quindi si ristende,

Leccandosi il sangue d’intorno alle sue zanne,

E, senza degnarsi di sapere per cosa sia perito,

Chiudendo i grandi occhi, muore senza un grido.

II

Ho chinato il capo sul fucile scarico di polvere,

Preso a riflettere, e non mi son potuto risolvere

Ad inseguire la Lupa e i cuccioli, che, tutti e tre,

Avevano voluto aspettarlo; e, penso tra me,

Se non fosse stato per i Cuccioli, la bella e triste vedova

Non l’avrebbe lasciato solo al momento della prova;

Ma il suo dovere era di salvarli, al fine

Di potergli insegnare a sopportare la fame,

A non vincolarsi mai con i patti civili

Stipulati dall’uomo con le bestie servili

Che cacciano avanti a lui, in cambio di cucce,

Loro, una volta signore di boschi e di rocce.

III

Ahimè! ho pensato, malgrado il gran nome di Uomini,

Che vergogna ho di noi, per quanto siamo infimi!

Come si debban lasciare la vita e tutti i suoi mali,

Siete voi a saperlo, o sublimi animali!

Se a ciò che in terra fu e si lascia si pensa,

Solo il silenzio è grande; tutto il resto è debolezza.

- Ah! Ti ho ben inteso, selvaggio viaggiatore,

E il tuo ultimo sguardo m’è penetrato fino al cuore!

Diceva: «Se puoi, fa sì che l’anima tua pervenga,

A forza di ristarsene pensierosa e attenta,

Di stoica fierezza a quel siffatto punto

Cui io, nato nei boschi, subito son giunto.

Gemere, piangere, pregare è ugualmente indegno.

Compi il tuo lungo e arduo compito con impegno

Sulla via in cui la sorte ti ha voluto chiamare,

Poi, dopo, come me, soffri e muori senza fiatare.»



Alfred de Vigny,
Écrit au château du M***, 1843.

Traduzione di Gwion_the_Bard, 2007


* Ho tradotto jambes con gambe: non potendo neanche in francese essere riferito ad animali, è evidentemente scelto di proposito da de Vigny per “umanizzare” e far risaltare la figura del lupo, in linea col tema ed altri caratteri del testo (come le maiuscole).


Non so voi, sarò pazzo, ma io mi gaso ogni volta che leggo l'ultimo pezzo...