martedì 20 gennaio 2009

sano nazionalismo linguistico

Esaltiamo un po' le incredibili potenzialità espressive della nostra amata lingua!


venerdì 9 gennaio 2009

John Surman - Upon Reflection (1979)

Edges of Illusion e The Lamplighter, due tra i più interessanti titoli di questo lavoro, sono stati ispirati da e poi creati per uno spettacolo di danza moderna di Carolyn Carlson. John Surman non ha mai nascosto intense passioni per il mondo della danza contemporanea. E questo è sostanzialmente solo il primo di diversi suoi lavori discografici che potrebbero tranquillamente essere del tutto condivisi con l'entourage del mondo della coreografia.
Upon Reflections è sicuramente uno dei migliori «numeri» della ECM di Manfred Eicher: leggero e intenso, calibrato e comunicativo. Una serie di impressionanti soliloqui sospesi nei cieli della migliore musica moderna, capace di fare invischiare come mosche nel miele melomani, appassionati dei suoni «classici», aficionados del jazz e cultori dell'estetica musicale. I sintetizzatori sono solo la base, il tessuto di fondeo sul quale Surman ricama e intesse veri e propri poemi sonori. Le qualità tecniche del sassofonista britannico sono una rara fenomenologia nel contemporaneo mondo musicale. Mature e profonde, le sue architetture portano innanzitutto con sè il sacro fuoco dell'inventiva. Si sa perfettamente che, quando tecnica ed emozione viaggiano sugli stessi binari, i risultati sono a dir poco meravigliosi.
L'intelligenza di Surman, in questa particolare e originale metodologia che rappresenta solo una parte delle estese territorialità della sua musica, è quella di saper usare l'elettronica in maniera totalmente «umana» o, meglio, «umanizzata».
Quando venne pubblicato, le critiche di Upon Reflections fecero il giro del mondo, innanzitutto per l'inusuale trattamento a cui erano stati sottoposto materiali «sacri», come le ridondanti gighe proprie del folklore del Nord Europa, e dei cui echi questo lavoro è ricco. Ma è proprio un utilizzo scevro dei classici e inutili effetti, sino ad allora (Brian Eno, Philip Glass e pochi altri minimalisti a parte) appannaggio dei musicisti innamorati dei «giochini» permessi dalle nuove tecnologie, che impone il nome di Surman nell'olimpico cielo dei grandi. Re-recording, phasing, echi, uniti a tematiche proprie dell'arte musicale riescono a creare ideali climi da sogno e di intensa meditazione. Surman ama follemente il contrasto ed è un vero genio della frastagliatura, della frase «avvitata», della «carotizzazione» del suono. Come pochi altri suoi contemporanei è capace di analizzare quella che molti chiamano la «perfezione sonora». Fondamentalmente è un solitario che, dopo aver cavalcato molte praterie del rinnovamento jazzistico, accentua la sua parte virtuosistica.

da "100 dischi ideali per capire il JAZZ", a cura di Ivo Franchi, Editori Riuniti

Registrato nel maggio del 1979 presso il Talent Studio di Oslo da Jan Erik Kongshaug.
Produzione di Manfred Eicher.

Musicisti: John Surman (sax soprano e baritono, clarinetto basso e synth).

1. Edges Of Illusion
2. Filigree
3. Caithness To Kerry
4. Beyond A Shadow
5. Prelude And Rustic Dance
6. The Lamplighter
7. Following Behind
8. Constellation

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