Edges of Illusion e The Lamplighter, due tra i più interessanti titoli di questo lavoro, sono stati ispirati da e poi creati per uno spettacolo di danza moderna di Carolyn Carlson. John Surman non ha mai nascosto intense passioni per il mondo della danza contemporanea. E questo è sostanzialmente solo il primo di diversi suoi lavori discografici che potrebbero tranquillamente essere del tutto condivisi con l'entourage del mondo della coreografia.
Upon Reflections è sicuramente uno dei migliori «numeri» della ECM di Manfred Eicher: leggero e intenso, calibrato e comunicativo. Una serie di impressionanti soliloqui sospesi nei cieli della migliore musica moderna, capace di fare invischiare come mosche nel miele melomani, appassionati dei suoni «classici», aficionados del jazz e cultori dell'estetica musicale. I sintetizzatori sono solo la base, il tessuto di fondeo sul quale Surman ricama e intesse veri e propri poemi sonori. Le qualità tecniche del sassofonista britannico sono una rara fenomenologia nel contemporaneo mondo musicale. Mature e profonde, le sue architetture portano innanzitutto con sè il sacro fuoco dell'inventiva. Si sa perfettamente che, quando tecnica ed emozione viaggiano sugli stessi binari, i risultati sono a dir poco meravigliosi.
L'intelligenza di Surman, in questa particolare e originale metodologia che rappresenta solo una parte delle estese territorialità della sua musica, è quella di saper usare l'elettronica in maniera totalmente «umana» o, meglio, «umanizzata».
Quando venne pubblicato, le critiche di Upon Reflections fecero il giro del mondo, innanzitutto per l'inusuale trattamento a cui erano stati sottoposto materiali «sacri», come le ridondanti gighe proprie del folklore del Nord Europa, e dei cui echi questo lavoro è ricco. Ma è proprio un utilizzo scevro dei classici e inutili effetti, sino ad allora (Brian Eno, Philip Glass e pochi altri minimalisti a parte) appannaggio dei musicisti innamorati dei «giochini» permessi dalle nuove tecnologie, che impone il nome di Surman nell'olimpico cielo dei grandi. Re-recording, phasing, echi, uniti a tematiche proprie dell'arte musicale riescono a creare ideali climi da sogno e di intensa meditazione. Surman ama follemente il contrasto ed è un vero genio della frastagliatura, della frase «avvitata», della «carotizzazione» del suono. Come pochi altri suoi contemporanei è capace di analizzare quella che molti chiamano la «perfezione sonora». Fondamentalmente è un solitario che, dopo aver cavalcato molte praterie del rinnovamento jazzistico, accentua la sua parte virtuosistica.
Registrato nel maggio del 1979 presso il Talent Studio di Oslo da Jan Erik Kongshaug.
Produzione di Manfred Eicher.
Musicisti: John Surman (sax soprano e baritono, clarinetto basso e synth).
1. Edges Of Illusion
2. Filigree
3. Caithness To Kerry
4. Beyond A Shadow
5. Prelude And Rustic Dance
6. The Lamplighter
7. Following Behind
8. Constellation
Upon Reflections è sicuramente uno dei migliori «numeri» della ECM di Manfred Eicher: leggero e intenso, calibrato e comunicativo. Una serie di impressionanti soliloqui sospesi nei cieli della migliore musica moderna, capace di fare invischiare come mosche nel miele melomani, appassionati dei suoni «classici», aficionados del jazz e cultori dell'estetica musicale. I sintetizzatori sono solo la base, il tessuto di fondeo sul quale Surman ricama e intesse veri e propri poemi sonori. Le qualità tecniche del sassofonista britannico sono una rara fenomenologia nel contemporaneo mondo musicale. Mature e profonde, le sue architetture portano innanzitutto con sè il sacro fuoco dell'inventiva. Si sa perfettamente che, quando tecnica ed emozione viaggiano sugli stessi binari, i risultati sono a dir poco meravigliosi.
L'intelligenza di Surman, in questa particolare e originale metodologia che rappresenta solo una parte delle estese territorialità della sua musica, è quella di saper usare l'elettronica in maniera totalmente «umana» o, meglio, «umanizzata».
Quando venne pubblicato, le critiche di Upon Reflections fecero il giro del mondo, innanzitutto per l'inusuale trattamento a cui erano stati sottoposto materiali «sacri», come le ridondanti gighe proprie del folklore del Nord Europa, e dei cui echi questo lavoro è ricco. Ma è proprio un utilizzo scevro dei classici e inutili effetti, sino ad allora (Brian Eno, Philip Glass e pochi altri minimalisti a parte) appannaggio dei musicisti innamorati dei «giochini» permessi dalle nuove tecnologie, che impone il nome di Surman nell'olimpico cielo dei grandi. Re-recording, phasing, echi, uniti a tematiche proprie dell'arte musicale riescono a creare ideali climi da sogno e di intensa meditazione. Surman ama follemente il contrasto ed è un vero genio della frastagliatura, della frase «avvitata», della «carotizzazione» del suono. Come pochi altri suoi contemporanei è capace di analizzare quella che molti chiamano la «perfezione sonora». Fondamentalmente è un solitario che, dopo aver cavalcato molte praterie del rinnovamento jazzistico, accentua la sua parte virtuosistica.
da "100 dischi ideali per capire il JAZZ", a cura di Ivo Franchi, Editori Riuniti
Registrato nel maggio del 1979 presso il Talent Studio di Oslo da Jan Erik Kongshaug.
Produzione di Manfred Eicher.
Musicisti: John Surman (sax soprano e baritono, clarinetto basso e synth).
1. Edges Of Illusion
2. Filigree
3. Caithness To Kerry
4. Beyond A Shadow
5. Prelude And Rustic Dance
6. The Lamplighter
7. Following Behind
8. Constellation
Download
3 commenti:
magari a spendere due parole in più così ché chiunque possa fruirne dell'ascolto
sottoscrivo
...fatto, appena ho tempo faccio altrettanto col post su Sheep!
Posta un commento